Ero una ragazza un pò troppo vivace. Una sera, rincasando in compagnia di amici, ebbi un gravissimo incidente, riportai numerose fratture, subii un delicato intervento che mi costrinse per circa un anno in ospedale. Rimasi invalida per sempre! Mi dissero che ero salva per miracolo. Solo in un secondo momento seppi che mia madre, prima di quella sera maledetta, aveva cucito all’interno della mia giacca un’ immagine di Padre Pio.


Sulla tomba di Padre Pio pregai intensamente dicendo: “Padre fa qualcosa, qualunque cosa, ma salvami“. Con grande stupore mi scoprii incinta. Affrontai numerose battaglie per tenere il bambino. I medici, data la mia sieropositività, mi consigliavano di abortire e cercavano di farmi capire che sarei stata un’assassina perché avrei condannato una creatura innocente a morire di AIDS. Mi opposi, perché sentivo che quel bambino doveva nascere. Mi rivolsi ad una comunità che cercò di risolvere i miei problemi con la droga.
Quando nacque Marco le mie condizioni divennero davvero preoccupanti. Dopo tre mesi, mi sentii come guarita. Nel sangue non risultò più il virus. Se lo stesso continuava ad essere in qualche altro organo sembravano non recarmi danno. Mio figlio, come era stato previsto, nacque sieropositivo. Ad un anno e mezzo di età aveva imparato a conoscere Padre Pio perché ogni giorno gli mostravo la sua immagine, insegnandogli a rivolgere a lui una preghiera.
Una sera, mentre lo cullavo, Marco puntò il dito verso la finestra e disse per ben due volte: “Padre Pio!”. Il suo sguardo fissava un punto nel vuoto, accanto alla finestra. Chiesi subito al piccolo Marco: “dov’è Padre Pio?” E lui: ” E’ lì Pio”. Rimasi di stucco. Alcuni giorni dopo squillò il telefono. La dottoressa di Marco al mio “pronto”, rispose gridando: “signora ce l’abbiamo fatta, Marco ora è negativo”. Abbracciai mio figlio e piansi per la felicità.
Alba da Cuneo